Le gesta dei Re
“Chi costruì Tebe dalle sette porte?” Chiedeva già il lettore operaio di Brecht. Le fonti non ci dicono niente di quegli anonimi muratori: ma la domanda conserva tutto il suo peso.
Carlo Ginzburg, nel 1976, cominciava così Il formaggio e i vermi, il testo dove indagava la vicenda del mugnaio friulano Domenico Scandella, detto Menocchio, messo a morte dall’Inquisizione alla fine del ’500. Si chiedeva come mai gli storici per molto tempo avessero avuto a cuore soltanto le gesta dei Re, e non quelle della gente comune che in realtà lo costruiva, il mondo.
Ma per il Consorzio i Re sono proprio loro: tutte le persone, gli strumenti, i luoghi e le risorse che ne fanno parte.
“Le gesta dei re” nella storia del Parmigiano Reggiano e del suo Consorzio, hanno per protagonisti casari, allevatori, stagionatori, esperti battitori, tecnici di laboratorio, analisti sensoriali e commercianti. Tutte persone comuni, colme di professionalità, di saperi intellettuali e manuali, la cui vita è intrecciata in qualche modo con questo formaggio antico e nuovo. E per questo formaggio hanno e hanno avuto un ruolo insostituibile.
DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO DI CONSORZIO
Una sede, 5 province, 292 caseifici e 2.165 allevamenti.
Essendo mio padre direttore di laboratorio di analisi del latte di Parma, io andavo a giocare in caseificio o in laboratorio, e quindi non avevo il concetto di un altro lavoro che fosse al di fuori del Parmigiano Reggiano.
— Mario Zannoni, chimico, scrittore, docente di analisi sensoriale all’Università Cattolica, curatore del Museo del Parmigiano Reggiano.
I MAESTRI CASARI
Il centro è lui: il caseificio. Dove i gesti sono rimasti gli stessi di sempre, e dove gli strumenti sono sopravvissuti al tempo. A volte, in alcuni utensili il legno si è trasformato in acciaio, ma i movimenti dello spino per frantumare la cagliata in granuli sono gli stessi di un tempo.
Il rapporto tra persone e strumenti nel tempo è cambiato, ma è sempre la maestria delle persone a guidare i movimenti, le scelte, e che sa individuare gli istanti perfetti in cui rompere la cagliata o “dare fuoco” nella cottura. Il termometro segna la temperatura del latte e del siero durante la lavorazione, ma è il casaro a sapere quando è il momento giusto per chiudere il vapore e lasciar depositare i granuli sul fondo della caldera.
Il lavoro del casaro è il punto finale, in cui l’opera dei campi e degli allevamenti trova forma. Il casaro, con la sua esperienza, deve curare i rapporti con i produttori di latte, e richiede, pretende un latte all’altezza, a volte anche con durezza. Solo dopo, con la sua maestria e con i suoi tempi e scelte, si prende la responsabilità della riuscita del formaggio, lui che deve portare a compimento il lavoro di tutti quelli che sono venuti prima di lui nella filiera.
Per farlo occorre avere cura di ogni dettaglio. Tramandando di generazione in generazione i segreti, i gesti, i colori, gli odori, i rumori, i suoni, le esperienze che rendono ogni processo preciso, e il formaggio degno delle storie e delle leggende.
Il casaro segue quindi tutte le fasi della lavorazione del Parmigiano Reggiano. Tra esami tattili e visivi dei granuli, aguzzando i sensi, riconoscendo ogni più flebile sfumatura. Ed eseguendo a mano le operazioni più complesse, come la rottura della cagliata e la cottura.
Su “Il Resto del Carlino” del 1961, appare un titolo che annuncia la Festa del Casaro. Si tratta di un evento organizzato per la prima volta
dalla Sezione di Reggio Emilia del Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano, durante il quale avviene la premiazione annuale sia dei casari che si sono particolarmente distinti nell’arte casearia locale, sia dei casari con molti anni di carriera alle spalle, con tanto di istituzione dell’albo dei «Casari benemeriti – Medaglie d’oro». Dal 1962 comincia questa “competizione” e festa, nata nella Sezione di Reggio Emilia e che negli anni successivi si diffonde anche nelle altre Sezioni provinciali. Un modo del Consorzio di elevare una tradizione importantissima per il territorio, e di puntare i riflettori sulle eccellenze umane e artigianali che fanno grande il Parmigiano Reggiano.
Il comparto del Parmigiano Reggiano è — e deve essere — un cosa seria: chi ne fa parte deve crederci fino in fondo, e deve accettare delle regole che non sono calate dall’alto ma sono frutto di sperimentazione.
— Gabriele Rossi, dipendente del Consorzio del Parmigiano Reggiano dal 1977.
GLI ALLEVATORI
L’allevatore è uno dei mestieri più antichi dell’umanità, molto più antico dell’agricoltura. Un mestiere fatto di attenzione, cura, legato al ciclo naturale delle cose e delle stagioni.
La qualità del formaggio parte proprio da qui: dagli allevamenti. Comincia dalla cura della terra e degli animali. Comincia dall’esperienza e dalle scelte dei produttori, dai piccoli saperi e il loro tramandarsi. Dalla sfida quotidiana in ogni collina, pianura e montagna. Perché si sa, il Parmigiano Reggiano nasce nei campi e nelle stalle, grazie alle scelte dei produttori su come coltivare i foraggi e su come curare la mandria.
La prospettiva è fondamentale. Avere cura di ogni segmento di terra, così come di ogni bovina da latte. Animali, campi, spazi e risorse con cui creare relazioni, scambi, fiducia. Un intero un patrimonio vivo da salvaguardare e rigenerare. Per questo i campi vengono coltivati in modo da rispettare la fertilità e la vitalità del terreno, e gli animali nutriti in prevalenza con foraggi del territorio, sempre con il supporto di laboratori di analisi e veterinari.
UFFICIO TECNICO
Sono gli anni Settanta. Il Consorzio decide di affiancare alle figure classiche e consolidate qualcosa di nuovo: una struttura tecnica con obiettivi di ricerca. Così da capire e approfondire il “metodo-Parmigiano Reggiano”, e valutare con un tipo diverso di precisione le innovazioni da mettere in programma, o quelle già svolte.
L’idea è vincente. In poco tempo l’Ufficio Tecnico si riempie di figure professionali di alto livello e inizia a collaborare con realtà universitarie di ricerca applicata. È tutto un modo nuovo di guardare al prodotto ed ai processi. Un modo nuovo di farsi domande, di valutare e studiare il processo produttivo e di trasformazione del latte, di individuare, capire e osservare le problematiche, e di guardare al futuro. Tutti chini alla ricerca di soluzioni. Quindi, come rendere la filiera del Parmigiano Reggiano più funzionale, mantenendo tutto quel mondo di valori.
Ma non si tratta di una struttura isolata. Svolge da subito anche un’importante funzione di coordinamento degli altri laboratori distribuiti sul territorio, offrendo assistenza a trecentosessanta gradi. Ha il ruolo di affiancare i casari nell’affrontare le problematiche e le novità tecniche, entra nelle stalle con gli allevatori per valutare gli aspetti tecnici della nutrizione animale e dà indicazioni fondate sulla ricerca per migliorare la qualità dell’alimentazione. In sostanza, fa sì che ogni laboratorio sia costantemente aggiornato sulle ultime ricerche.
GRUPPO DI ASSAGGIO PER L'ANALISI SENSORIALE
L’analisi sensoriale è uno dei passi fondamentali nella per conoscere il Parmigiano Reggiano. Riguarda l’interpretazione e la misurazione della sensazione olfattiva, visiva, tattile, uditiva e gustativa percepite nel corso della valutazione del formaggio. La sapienza e l’elevata sensibilità permettono di ottenere così dati affidabili da affiancare alle analisi di laboratorio.
Dal 1989, è quindi attivo un Gruppo di assaggio per l’analisi sensoriale addetto alla degustazione scientifica del formaggio. Si occupa di dare una valutazione qualitativa e obiettiva del prodotto, identificandone le caratteristiche sensoriali principali. Si raccolgono così una serie di informazioni fondamentali e si forma un expertise capace di cogliere le sfumature più preziose per un prodotto come il formaggio: il sapore, gli aromi e le combinazioni che soltanto un gruppo di persone esperte possono percepire fino in fondo. Dando nuovi spazi e indicazioni alla ricerca, e creando una consapevolezza che differenzia gli originali dalle imitazioni.
L'ESPERTO BATTITORE
Dopo dodici mesi di stagionatura è il momento dell’Esperto battitore.
Il suo compito è controllare ogni forma con il martelletto e ascoltare la risposta della forma di formaggio ai suoi colpi. È uno dei ruoli di maggiore responsabilità. È a questo punto che c’è il giudizio sulla forma: l’esito positivo darà il via alla marchiatura.
Una marchiatura corretta non dev’essere eccessivamente stretta e nemmeno troppo tollerante, è necessario spingere i caseifici a dare il meglio, se il prodotto marchiato non è all’altezza si finisce solo per fare un danno e dequalificare le eccellenze.
— Andrea Bonati, Presidente del Consorzio dal 2000 al 2006
Ma che vuol dire fare il battitore? Vuol dire avere la capacità tecnica di identificare sia i difetti esterni, sia quelli interni, cioè di interpretare il suono e di collegarlo alla struttura interna della forma, di ogni singola forma. Quindi, il battitore di fatto valuta il lavoro dei casari, dei suoi aiutanti e dei produttori di latte. Giudica e valuta mesi di fatiche da parte di strutture che spesso sostengono economie locali. Rappresenta, in primo luogo, una rete di relazioni e valori. È il punto in cui il Consorzio incontra il caseificio, rappresentato dai produttori e dal Mastro Casaro. Occorre quindi un’estrema sensibilità per le persone ed il loro lavoro, e un grande rispetto per i luoghi che lo ospitano.
Quando si va in un caseificio per la battitura le prime due ore non si deve parlare, perché magari il casaro dalla preoccupazione non ha dormito quella notte: è come un esame di scuola, sono ugualmente necessarie fermezza e rispetto per chi hai davanti.
— Gianni Morini, battitore for the Parmigiano Reggiano Consortium.
PUNTI VENDITA E RIVENDITORI DI TUTTO IL MONDO
Eccoci all’ultimo tratto del viaggio del Parmigiano Reggiano. Appena prima di arrivare in tavola, si passa per i negozianti: che siano piccole botteghe a conduzione familiare, o responsabili in reparti della grande distribuzione.
Con loro, il Consorzio stabilisce un rapporto di fiducia spesso uno-a-uno. Sono soggetti con cui entrare in dialogo, fondamentali per monitorare qualità dei prodotti e la loro distribuzione, ma soprattutto per mantenere quel ciclo di valori che parte dall’antichità e che intende il formaggio come un bene capace di legare le persone. Il lavoro su Parmigiano Reggiano non è soltanto un mestiere, ma si lega ad una filosofia e a dei valori profondi. Per cui, costruire un rapporto paritario con i punti vendita è fondamentale, creando così un clima dove domande, dubbi e curiosità siano ben accette. Così come domande, curiosità e voglia di esplorare sono i punti di partenza di tutto il ciclo produttivo.